venerdì 27 dicembre 2013

MASCHIO O FEMMINA?

Recensione di Iara Ciccarelli Dias

Copertina dell'edizione del 2003
Titolo: Extraterrestre alla pari
            Autrice: Bianca Pitzorno
           Illustratrice: Emanuela Bussolati
                                         Edizioni EL, 2003
                                         Consigliato a partire dai 10 anni
                 

 
L'arrivo di un astronabus spaziale non è questione di tutti i giorni.
Soprattutto se si tratta di un'astronave speciale che porta sulla Terra una creatura del pianeta Deneb, la stella più brillante della costellazione del Cigno1.
Protagonista di questa storia è Mo, un*2 bambin* di 29 anni denebiani, corrispondenti ai 10 anni terrestri.
Il romanzo di Bianca Pitzorno, Extraterrestre alla pari, cattura immediatamente la curiosità del lettore3, facendolo entrare nel vivo della vicenda. Mo, appena atterrat* in Italia con i suoi genitori, incontra la famiglia Olivieri che l'ospiterà per dieci anni come un* figli*, come previsto dal programma di scambio reciproco promosso dall'I.R.T.D. (Istituto per i Rapporti Terra Deneb). Si creano subito delle frizioni tra le due famiglie a causa del sesso di Mo: è maschio o femmina?
La famiglia Olivieri crede di ospitare un maschio, deduzione affrettata dipesa dal fatto che il nome della creatura termina con la o4. L'aspetto, del tutto uguale a quello dei ragazzini terrestri, non tradisce l'appartenenza a un genere piuttosto che a un altro e quando i terrestri vengono a sapere che non si conosce il sesso di Mo, sono disorientati, addirittura indignati. Si arrabbiano e minacciano di non accogliere più Mo. 
Bianca Pitzorno


A questo punto il lettore non potrà abbandonare il libro, andrà fino in fondo per scoprire «che cosa è»5 Mo. A quanto pare sulla Terra è importantissimo conoscere il sesso delle persone: «Se non sappiamo se è maschio o femmina, in quale modo ci dovremmo comportare con lui/lei? (…) Da noi sulla Terra con una bambina ci si comporta in modo differente che con un maschietto»6.
Sono le parole del signor Olivieri, sbigottito e disorientato  di fronte alla sorpresa del non-sesso di Mo. I genitori denebiani, a loro volta, non comprendono l'agitazione dei terrestri, non capiscono perché la conoscenza del sesso sia così cruciale per l'educazione e la crescita dei figli: su Deneb «per aiutarli a crescere occorre conoscere il carattere dei nostri bambini, le loro tendenze, i loro desideri... non se sono maschi o femmine. Questo interesserà semmai loro quando da   adulti desidereranno metter su famiglia, se ne avranno voglia ».7

La prima edizione del libro è del 1979. Leggendolo, si scopre con meraviglia la sua attualità: il tema affrontato nella storia fa discutere ancora oggi; pone genitori e insegnanti di fronte a questioni importanti legate all'educazione di genere. Le classi in cui lavoriamo sono miste, composte da bambini e bambine che nell'abbigliamento, nei giochi, nei discorsi, nelle discussioni guidate “tradiscono” diverse rappresentazioni del genere cui appartengono. Come possiamo intervenire noi adulti, cresciuti in una cultura stigmatizzata, allevati spesso secondo modelli tradizionali? Come aiutarli a crescere con maggiore libertà, coscienti delle etichette, dei modelli inculcati da una cultura sessista maschilista e patriarcale? 

Ho letto Extraterrestre alla pari ad alta voce in quinta elementare. Fattori di natura diversa mi avevano suggerito questo titolo.
In classe si percepiva una tensione sottile nei rapporti tra i maschi e le femmine, soprattutto tra alcuni bambini. I diverbi scoppiavano in giardino, durante la ricreazione. Riguardavano i giochi, le amicizie, le gelosie. I bambini si insultavano e si offendevano, rimproverandosi reciprocamente atteggiamenti che in realtà mettevano in atto sia i maschi sia le femmine. Questo è stato di certo il fattore determinante nella scelta.
Un ruolo non secondario aveva giocato anche il lavoro che stavamo sviluppando in Italiano: l'analisi di pubblicità televisive di marchi famosi. I testi dei bambini, oltre ad essere molto divertenti, erano puntuali, critici, spietati quando si trattava di pubblicità che reclamizzavano le automobili, i prodotti per l'igiene femminile e per la pulizia domestica. Leggendoli, si aprivano spesso dibattiti legati al tema dei ruoli sessuali: perché la donna è sempre associata alla pulizia della casa e l'uomo no? Perché pubblicizzano saponi solo per l'igiene intima femminile? Perché quando devono vendere una macchina c'è una donna mezzo nuda?
Non mi ero sbagliata nella scelta: il libro ha interessato tutti i bambini, facendo venire allo scoperto, con acute osservazioni, anche quelli di solito più chiusi. Procedendo nella lettura, i discorsi in classe si facevano sempre più vivaci. Gli interventi partivano dal romanzo e si estendevano ad abbracciare i problemi di tutti i giorni, scolastici e familiari. Si parlava delle frasi fatte e dei luoghi comuni connessi al piangere; dei modelli culturali che impongono colori differenti per i due generi: l'azzurro e il rosa, i colori scuri e i colori pastello.

Dopo un primo periodo schizofrenico in cui Mo è costrett* ad alternare l'identità maschile e quella femminile, la mamma terrestre, in attesa dei risultati dell'esame del sangue che avrebbe assegnato il sesso a Mo (analisi autorizzata dalla famiglia denebiana), decide di sottoporre la creatura spaziale a un test psicologico. Secondo i risultati del test, poco attendibile dal punto di vista scientifico, Mo apparterrebbe al sesso maschile. La signora Lucilla porta immediatamente Mo dal barbiere e gli sottrae la sua bambola denebiana, perché «non era il caso che continuasse a giocare con le bambole come una femminuccia»8.
Più avanti, nel romanzo, la scrittrice descrive la trasformazione avvenuta in tutti i componenti della famiglia terrestre appena i risultati delle analisi ufficiali attribuiscono a Mo il sesso femminile. Cambiano l'arredamento della stanza, i colori della tappezzeria, delle tende e dei quadri. 
Cambiano i libri, i giocattoli, i giochi che Mo può fare. 
Illustrazione di Emanuela Bussolati


Mo si interroga sul significato di essere donna, sui ruoli di genere, sui rapporti amicali maschili e femminili.Mo non può più salire sugli alberi, non può correre, saltare, sporcarsi e andare a giocare con la sua banda. Anche perché la banda la rifiuta, appena Mo rivela di essere in realtà una ragazza. Ma Mo è sempre Mo, cosa cambia? Cosa è cambiato da prima che era maschio e ora che è femmina? Cambia tutto. Cambiano i colori dei vestiti, cambia la possibilità di esprimere i propri sentimenti apertamente, cosa che non le era consentito quando era maschio. Cambia che ora non suscita imbarazzo la sua abilità nello svolgere i lavori domestici, la sua bravura a lavorare la maglia e a dirigere la casa. 
Non spazientiscono più le sue doti
molteplici, che i terrestri avevano difficoltà a incasellare in un'identità piuttosto che in un' altra.
Alla fine del romanzo Mo è estenuata: si accorge di non essere mai davvero se stessa, di non trovarsi a suo agio con i terrestri. Si preoccupa di essere diventata ipocrita e meschina perché non le è permesso essere quello che è, Mo, con i suoi interessi piaceri desideri bisogni passioni curiosità comportamenti. Con i suoi sentimenti, che non hanno sesso.
Illustrazione di Emanuela Bussolati
Incontrandosi con un suo amico scienziato, Mo scopre casualmente di poter tornare sul suo pianeta prima dello scadere dei dieci anni prefissati. Decide di partire. Ma non da sola: porta con sé la cugina Caterina, imprigionata dai consigli, divieti e pregiudizi familiari; la sua amica Maria, che vuole crescere libera dall'obbligo di vestirsi con abiti femminili; la piccola Stella, la figlia di Anna. Anna è la sorella scienziata della madre terrestre di Mo: per timore di essere criticata e vessata per le sue scelte (andare per un anno in America per studiare la coda di una cometa lasciando il marito ad occuparsi dei bambini) ha rinunciato a fare ciò che ama (l'astronomia) e si sta spegnendo. Ma Stella deve vivere in modo diverso, senza che qualcun altro scelga per lei ciò che può diventare solo per il fatto di appartenere a un genere che, in Italia, ancora non è considerato davvero alla pari di quello maschile.


Questa recensione è stata pubblicata nella rubrica Letture del n° 4/2013 di CE, la rivista del MCE edita dalla Erickson

1 Bianca Pitzorno, Extraterrestre alla pari, Einaudi ragazzi, 2003. http://www.biancapitzorno.it/
2 Il simbolo * sostituisce la desinenza perché ancora non si conosce il sesso del protagonista. Richiama la scelta stilistica dell'autrice che tronca il finale dei nomi e dei pronomi riferiti ai denebiani, la cui lingua ha il genere neutro.
3 Il romanzo è consigliato a partire da 10 anni.
4 L'equivoco nasceva anche dal fatto che in una lettera in cui presentavano Mo, i genitori dell'extraterrestre si erano riferiti a lui traducendo i pronomi e gli aggettivi neutri che lo riguardavano col maschile. In italiano infatti non esiste il genere neutro e si usa il maschile quando non si conosce il sesso di una persona o quando ci si riferisce a un gruppo di persone non dello stesso genere. Pagine 17, 50, 53.
5 Pagina 12
6 Pagina 12
7 Pagina 15
8 Pagina 94

martedì 12 novembre 2013

IO SONO ME STESSO

Recensione di Iara Ciccarelli Dias


Testo e illustrazioni di Leo Lionni       
Pezzettino
Traduzione di Maria Marconi

Bababum di Babalibri, 2011
40 pagine
formato 15 x 19
Consigliato a partire dai 5 anni







Quando ho cambiato area di insegnamento e dall'ambito linguistico sono passata a quello scientifico temevo di perdere la magia della lettura ad alta voce: pomeriggi interi trascorsi a leggere libri ai bambini. È un luogo comune credere che la lettura spetti solo al collega di lingua. La prima volta che, nella veste di maestra di Matematica, ho aperto un libro davanti alla classe, i miei alunni hanno esclamato: «Perché leggi? Non sei mica la maestra di Italiano!» Ora, in seconda, mi sembra non siano più tanto smarriti e disorientati quando accenno a leggere un libro durante “le ore dei numeri”. Non è più così spiazzante il fatto che per avviare un lavoro di aritmetica o di geometria la maestra racconti una storia, che si tratti di una fiaba classica come Hänsel e Gretel o di una storia contemporanea come Pezzettino di Leo Lionni1, che ci sta accompagnando nelle esplorazioni geometriche. 

Perché non avvicinare i bambini alla geometria in modo piacevole e divertente, stimolandoli a giocare con le linee e le forme, con le figure piane e solide che trovano ovunque intorno a loro?
Quest'anno, il punto di partenza del percorso 
di geometria è stato un libro che racconta le avventure di un pezzettino di carta a forma di omino, Giac-omino2, che un bambino ha ritagliato e poi abbandonato sulla scrivania. Un puntino attira l' attenzione di Giac e lo invita a visitare la sua città. L'omino di carta parte alla scoperta di un mondo fantastico.

«Tutto è fatto di punti e di linee: il tavolo, la lavagna, la nostra aula...», osservano i bambini, cui sta piacendo molto seguire Giac-omino nel suo viaggio a Puntinia, a Lineapoli e a Roccaquadra. È come se anche i bambini e le bambine della II A stessero compiendo un viaggio, in compagnia di alcuni libri preziosi, come Il paese dei quadrati (+ il paese dei cerchi) di Francesco Tonucci3 che in prima ha contribuito a presentare le figure geometriche e i blocchi logici di  Zoltan Dienes in modo attivo e giocoso.

Tout se tient”, secondo un percorso lineare e non solo: lavorare con i bambini significa seguire i loro pensieri, le loro concettualizzazioni e stare sempre in ascolto di ciò che dicono ed esprimono durante le attività individuali e collettive. Se si è in sintonia con i bambini, succede che il lavoro compia delle capriole e delle deviazioni per legare “i pezzi”  del percorso. I Viaggi di Giac, per esempio, hanno riportato immediatamente alla memoria la storia di Tonucci: i bambini si divertono a immaginare che Roccaquadra sia in realtà il Paese dei Quadrati diventato tanto grande da sembrare una fortezza. Pezzettino invece è entrato nelle avventure di Giac attraverso un'azione creativa personale: avevo bisogno di un espediente fantastico per far conoscere ai bambini questo albo in un momento preciso delle attività di geometria. Ho così interrotto la lettura del libro di Elve Fortis de Hieronymis per inserire una parte di mia invenzione che avrebbe legato le due storie (Giac e Pezzettino) senza fratture. I sassolini che lasciamo sul sentiero assumono per i bambini un grande significato se la narrazione, scritta o orale, sa tenerli insieme creando una cornice di senso dalla forte valenza affettiva.


Lasciata Lineapoli, Giac-omino arriva a Roccaquadra a pezzi.
«A pezzi?» esclamano i bambini. Sì, è tanto stanco che non sa più chi è. Allora decide di riposarsi un po' e chiude gli occhi. Fa un sogno molto particolare.
Nel sogno è un Pezzettino. «Di cosa?» sento chiedere in coro. A questo punto prendo l'albo di Leo Lionni, breve come un pisolino ma denso e misterioso come un sogno e una fantasia. Lo leggo mostrando le illustrazioni, coloratissime e molto particolari per la diverse tecniche con cui sono state realizzate. 

La lettura è interrotta e arricchita da osservazioni sui colori caldi e freddi, sulle sensazioni suscitate dall'acqua del mare che “sembra olio e petrolio”. 
Ognuno dice qualcosa e così lo leggo di nuovo, su richiesta dei bambini, catturati dai nomi degli amici di Pezzettino, che “sono fatti tutti di tanti quadratini!”. Passo di banco in banco, di sedia in sedia per mostrare a ciascuno le immagini di 
Quello-Che-Corre, Quello-Forte, 
Quello-Che-Nuota... 
gli altri protagonisti-aiutanti della storia. 
 
Nell'albo si racconta di un quadratino arancio-rosso che vuole scoprire se per caso è la parte mancante di qualcun altro, poiché si percepisce piccolo e insignificante. Si rivolge ai suoi amici, grandi e sicuri di sé e a tutti pone la stessa domanda: - Scusa... per caso sono un tuo pezzettino?4- A quanto sembra, però, a nessuno di loro manca una parte. Dietro il suggerimento di Quello-Saggio, Pezzettino salpa alla volta dell'isola Chi-Sono. E qui accade che per la stanchezza inciampa cade e si rompe in tanti pezzetti. Adesso Pezzettino sa che anche lui è fatto di tanti pezzetti.  Quando torna indietro, Pezzettino trova i suoi amici ad accoglierlo a riva e molto felice esclama - Io sono me stesso-.5

«Tutti siamo fatti di tanti pezzi!»
«Anche una cosa piccola piccola è fatta di tanti pezzettini piccoli piccoli».
«È vero, bambini. Anche una persona minuta e bassa di statura è completa in sé e non le manca nulla».
Pezzettino ha tante potenzialità. Il senso della storia si coglie all'istante, per cui non è necessario soffermarsi a parlare del messaggio: è insito nella forma  stessa delle figure che punteggiano il libro.
I bambini, entusiasti,  si mettono subito a disegnare la loro creatura immaginata, fatta di tanti quadratini colorati. Ciascuno è intento a tracciare linee spezzate che formano quadrati, che a loro volta formano una figura che ha bisogno di un nome per essere riconosciuta. Nasce così un album rilegato che contiene tutte le creature inventate alla stregua di Leo Lionni. 
 
Sarebbe interessante proseguire il lavoro proponendo ai bambini di riprodurre con la tecnica del collage una delle creature del libro, usando dei cartoncini colorati tagliati da loro stessi in tanti pezzettini che poi andranno a comporre la figura che più gli piace. Me li immagino tutti concentrati, con le mani veloci che ritagliano pezzetti piccoli e quadrati che il vento sparpaglia in giro a suo capriccio. Ne potrebbe venire fuori un grande quadro corale in cui tutte le creature si presentano alle altre con il proprio nome e con la propria quantità di pezzettini, disposti in modo diverso a seconda del confine che formano.


Quando si sveglia dal sonnellino, Giac-Omino si sente riposato e intero, in grado di affrontare la nuova avventura. Varca così la grande porta di Roccaquadra, dove vivono tanti piccoli Quadresi a forma di cubetti sovrapposti.
NOTE

1 Leo Lionni, Pezzettino, Bababum (collana della Babalibri che ripropone in formato tascabile i titoli più amati del catalogo). Leo Lionni è scomparso nel 1999. Era grafico, pittore, scrittore e illustratore. http://www.babalibri.it/catalogo.asp?collana=Bababum&col=6&ricerca=collana
2 Elve Fortis de Hieronymis, I viaggi di Giac, Le Rane Interlinea. Elve è scomparsa nel 1992. E' stata scrittrice, illustratrice e ideatrice di giochi didattici. http://www.interlinea.com/lerane/index.htm
3 Francesco Tonucci, Il Paese dei quadrati (+il paese dei cerchi), Orecchio Acerbo. Maestro elementare, ricercatore presso il CNR, ideatore del progetto La città dei bambini. Con lo pseudonimo Frato è anche un disegnatore. http://www.lacittadeibambini.org/progetto/motivazioni.htm
4 Leo Lionni, Pezzettino, Bababum. Pagina 10
5  Leo Lionni, Pezzettino, Bababum. Pagina 36.  (L'albo in realtà non riporta il numero delle pagine.   Le ho indicate io per segnalare le citazioni)

sabato 12 ottobre 2013

SVEZIA AD ALTA VOCE

Il 28 marzo, ultimo giorno della Fiera del libro per ragazzi, ho partecipato a Bologna a una tavola rotonda sul tema La letteratura svedese per ragazzi: uno strumento per aiutarli ad affrontare le difficoltà della vita quotidiana.
 Ospiti dell'incontro sono stati, tra gli altri: Åsa Lind1, Ulf Stark2, Joanna Dillner3, Laura Cangemi4 e Pino Costalunga5 nella veste di moderatore.
Si trattava di conoscere alcuni degli scrittori di cui stavo leggendo e recensendo i libri: dovevo esserci. 

Non riporterò in modo dettagliato le parole dei partecipanti. Mi interessa piuttosto raccontare quanto emerso dagli interventi degli ospiti perché credo possa dare ragione della mia passione per la letteratura svedese e per la lettura ad alta voce, altro tema dell'incontro bolognese. 
 Perché leggere ad alta voce autori svedesi?

Spesso a scuola accade che l'insegnante non legga ad alta voce ai bambini, forse per mancanza di tempo, per un sovraccarico di lavoro che non lascia abbastanza spazio per questa attività gratuita, che non dovrebbe implicare alcuna valutazione. C'entra anche la mancanza di coraggio: il coraggio di scegliere i libri adatti secondo il proprio gusto e secondo le reali esigenze della classe. Capita infatti che gli insegnanti si affidino ai pareri dei colleghi, leggendo libri che ci si aspetta di dover leggere a una certa età. Inoltre, non sempre gli insegnanti vanno in cerca di titoli nuovi e di proposte editoriali divergenti le scelte consuete. Si perde così l'occasione di andare oltre il già conosciuto; si trascura di nutrire la parte spirituale che risiede in ciascuno di noi, adulti e bambini: quella parte potente, energica, intuitiva che ha bisogno di cura, delicatezza e gesti rituali condivisi.
Come sottolinea Pino Costalunga, leggere ad alta voce aiuta a coltivare l'empatia, il legame affettivo che si crea attraverso la voce e la gratuità del gesto, perché chi legge non deve pretendere nulla in cambio, neanche l'ascolto. Fondamentale è la selezione delle opere adatte, leggerle, appassionarsi ad esse.
Penso agli sguardi concentrati dei miei alunni quando leggo con espressione e passione i libri che anche io amo: in aula succede qualcosa che non ha niente a che fare con il silenzio imposto loro come regola. Nella lettura animata risiede una magia che non si crea ascoltando leggere ciascun bambino lo stesso brano più volte: c'è l'incantamento prodotto dalla voce, dalle espressioni facciali, dalla gestualità delle mani, del corpo; c'è la possibilità di creare delle relazioni significative fondate sulla passione condivisa per un libro, per dei personaggi, per un autore. Se chi legge ad alta voce conosce ed ama una storia, l'ascolto si propaga e diventa denso e attivo, si diffonde nello spazio e attraversa il corpo, animandolo con sospiri, risate, movimenti repentini delle braccia, delle gambe, dei piedi.
Ci sono bambini che si tengono per mano, che si abbracciano, che si guardano e sorridono, che si alzano e si siedono vicino agli amici. Quando leggiamo ad alta voce in classe stiamo facendo qualcosa che “ci riguarda”.
 Pino Costalunga e Joanna Dillner






Per Joanna Dillner il libro deve attivare il riconoscimento, in chi legge e in chi ascolta. Non deve distaccarsi dalla realtà. I bambini devono riconoscersi nella storia letta e gli autori devono raccontare qualcosa di riconoscibile. L'editore, da parte sua, deve saper selezionare i libri che daranno un giorno la gioia al bambino; libri all'altezza dei loro interessi e della loro curiosità, come Lupo Sabbioso. Il tema centrale deve essere la vita del bambino, la sua quotidianità, raccontata con il linguaggio di tutti i giorni, senza banalizzarlo. La lettura animata, inoltre, è profondamente democratica perché tutti i bambini hanno accesso alla bellezza, delle parole e della storia.
Åsa Lind, Lupo Sabbioso, edizioni BohemPress Italia, Illustrazioni di Alessandro Sanna


Ci sono bambini ed adolescenti che hanno difficoltà a decifrare la scrittura. Attraverso la lettura ad alta voce si crea come uno spazio in cui si è tutti sullo stesso piano, perché tutti possono godere della storia, ognuno con una sua “lettura” e tutti possono concentrarsi sul contenuto, senza essere frenati dalla difficoltà tecnica del leggere. 
A tale proposito, Ulf Stark sostiene che il libro non deve essere prescrittivo riguardo l'interpretazione: deve lasciare aperte diverse letture. In una storia non ci deve essere tutto, non bisogna dire tutto in modo esplicito: un libro dovrebbe lasciare sempre lo spazio perché si possa parlare liberamente di ciò che può evocare in ciascuno. In questo senso il libro diventa un luogo d'incontro, una piattaforma per una conversazione comune centrata sul testo letto/ascoltato e ha un potente effetto terapeutico, perché “c'è sempre bisogno della letteratura per affrontare problemi grandi”6. Se c'è rispondenza tra le curiosità vive dei bambini e il libro scelto, la discussione, il confronto tra le diverse interpretazioni, la condivisione delle emozioni suscitate possono scaturire senza la sollecitazione dell'insegnante perché se il libro è davvero adatto saranno i bambini a volerne parlare insieme. E ne continueranno a parlare in giardino, a mensa, a casa. Pertanto è importante scegliere libri coraggiosi, storie in cui gli autori assumono lo sguardo dei bambini e raccontano con delicatezza, sincerità e pudore di qualsiasi cosa. 

domenica 25 agosto 2013

CHI HA PAURA DEL LUPO CATTIVO?


Recensione di Iara Ciccarelli Dias                            

testi e illustrazioni di  
Mario Ramos, Belgio
Albi illustrati,
consigliati a partire dai 2 anni.
Casa editrice Babalibri 


Molti bambini hanno paura del lupo cattivo. Mi ricordo da bambina di aver avuto paura di un bruttissimo lupo nero come la notte che mi veniva a visitare quando le luci di casa si spegnevano e si accendevano quelle dell'immaginazione. Forse per questo amo molto i libri di Mario Ramos, che stravolgono la figura del lupo, che lavorano sugli stereotipi e sui pregiudizi. Sto parlando di tre albi illustrati, pubblicati in Italia nelle edizioni della Babalibri: Sono io il più bello!, Sono io il più forte! e Il più furbo.
I libri del bravissimo illustratore belga-portoghese catturano l'attenzione per le illustrazioni molto vive, essenziali ma complete di ogni piccolo particolare, che si deve andare a cercare. Nel bosco vive infatti un uccellino rosso che vola di ramo in ramo e osserva tutto. È il testimone delle azioni e delle intenzioni del lupastro. Anzi, sembra che sia proprio il pettirosso a raccontarci le storie: se ne sta lì a guardare curioso e perplesso senza farsi mai scoprire dalla presunta belva aggressiva e violenta.

Attenzione bambini: nel bosco fitto fitto e scuro scuro si aggira un lupo molto grande, alto e slanciato, grigio-blu. Se lo doveste incontrare non scappate: non è un lupo mangia bambini. Fermatevi a conoscerlo, non ve ne pentirete. Ora vi dico perché.

Un giorno il terribile lupo si guarda in un bello specchio antico con cornice a volute, in legno dorato con motivi "porcellineschi". Molto soddisfatto di sé, fa il nodo alla cravatta, azzurra e splendente. I sui occhi gialli fanno un guizzo e ammiccano alla bella figura che sfavilla dall'altra parte della specchiera. Lui è la creatura più bella del bosco e vuole dimostrarlo a tutti. Così esce di casa e si incammina per il bosco molto fiero altero e gongolante.   Ha una voce flautata e mielata quando incontra i personaggi delle fiabe che dovrebbero rimanere atterriti nel vederlo arrivare. Il pavon-lupo vuole sentirsi dire che è il più affascinante, il più incantevole delle creature, la stella del bosco: Cappuccetto rosso, i tre porcellini, i sette nani, Biancaneve alla domanda “Chi è il più bello?” rispondono tutti allo stesso modo per non contraddirlo, per non irritarlo. Sembrano abituati alle sue stranezze ed è meglio assecondarlo. Il lupo saltella e danza per la contentezza, ride e canta, finché non incontra un piccolo drago molto indaffarato a giocare a nascondino. Il draghetto è davvero infastidito e non ha voglia di perdere tempo con simili domande e così gli risponde in altro modo, incenerendolo dalla sorpresa.

Un altro giorno Padron Lupo si aggira per il bosco deciso a scoprire cosa pensano di lui gli abitanti del bosco: è o non è la creatura più forte di tutte?

Anche questa volta interroga tutti con insistenza, con voce dolce e suadente: il coniglio, Cappuccetto, i tre porcellini, i sette nani ripetono tutti la stessa cosa: è lui il terrore dei boschi, il più cattivo dei cattivi. Il lupo è contentissimo, assume uno sguardo fiero e baldanzoso, alza le zampe in segno di trionfo finché non incontra un piccolo animale verde cui si rivolge con disprezzo e alterigia. L'animaletto (forse un rospo, forse un draghetto) risponde con innocenza e coraggio alterando il lupo che si arrabbia e si gonfia per il disappunto. Ma non può sfogare la sua rabbia perché una creatura più grande e più forte di lui lo costringe a indietreggiare.

 Il lupo non si arrende, deve assolutamente primeggiare. Così un giorno decide di dimostrare a tutto il bosco di essere la creatura più furba e astuta di tutte. Ma non gliene va bene una, povero lupo cattivo. In Il più furbo, Mario Ramos riprende la storia classica di Cappuccetto Rosso e la stravolge con originalità e ironia. Ai bambini diverte molto osservare le illustrazioni e ascoltare la storia del lupo che rimane prigioniero della camicia da notte della Nonna. Il lupastro vuole mangiare Cappuccetto catturandola con un'astuzia ma rimane preso nella tela della sua furbizia, fino a creare delle situazioni molto divertenti in cui nessuno lo riconosce più come il Grande Lupo Cattivo. Il cacciatore, i tre porcellini, i sette nani, il principe azzurro della Bella Addormentata, Cappuccetto rosso: tutti lo scambiano con la Nonna e il povero lupo entra in crisi e si dispera. Cappuccetto lo consolerà e l'aiuterà a liberarsi dell'infausto furbo travestimento.

Avete ancora paura del lupo nero grande e grosso?

Questo lupo vanitoso, presuntuoso e furbo è anche molto ingenuo. Gli abitanti del bosco devono riconoscere la sua forza e la sua potenza. Devono avere paura di lui perché così dicono le fiabe classiche. Ma tutti vivono una vita libera e leggera indipendentemente dalla sua esistenza. I tre porcellini giocano a rincorrersi, Cappuccetto raccoglie i fiori tranquilla e serena, i nanetti vanno al fiume a fare il bagno, il principe azzurro cerca il palazzo della Bella Addormentata, il cacciatore ha perso gli occhiali, il draghetto gioca a nascondino. In realtà nessuno lo prende davvero sul serio. L'uccellino meno di tutti.
Il lupo di Mario Ramos è divertente, fa ridere. Si rimane colpiti dalle sue manie, si ride dei suoi approcci melliflui, delle sue frasi da gradasso, da bullo. La presenza di personaggi che i bambini già conoscono per averli visti e letti in altri libri “smonta” la figura terribile del lupo, la ricontestualizza e le fa assumere un ruolo diverso, le attribuisce caratteristiche nuove, inusuali.
Le illustrazioni sono molto eloquenti e i testi che accompagnano le immagini sono frizzanti e ironici. Gli albi possono essere letti anche da bambini molto piccoli che godranno dei disegni, dei colori, dei tratti con cui è dipinto il lupo secondo i suoi diversi umori, delle espressioni e dei gesti dei personaggi che lo incontrano.

Immagino di partire da qui, dagli albi illustrati di Mario Ramos per attivare tutta una serie di curiosità, domande e attività di Scienze, Matematica, Geografia.
Alla ricerca di contenuti matematici, leggo ai bambini i libri di Ramos per metterli in cerca di quantità, di somiglianze e differenze, di particolari e dettagli, di punti, linee e superfici. Contemporaneamente, i bambini leggono e ascoltano delle storie con un tema ben definito, quello della paura di una creatura che in realtà non si conosce. Che si dice pericolosa ma che potrebbe essere anche diversa, chissà. Allora scatta la curiosità, lo studio collettivo di un animale di cui poco sanno: Com'è fatto? Dove vive? Come vive? Di cosa si nutre? Come caccia? Come si difende? Si avvia la ricerca scientifica. La lettura attiva domande e dubbi, stimola discussioni e nuove storie.
Ai bambini piace tantissimo riprendere i personaggi dei loro libri “preferiti” e farli transitare nelle storie inventate, nei testi personali, nei problemi.
“Usare” i libri di Letteratura per l'infanzia e gli albi illustrati per fare Matematica, Scienze e Geografia può essere un modo per non far perdere ai bambini la percezione dei contatti, dei legami tra una domanda e un'altra, tra dubbi e risposte. A settembre ricomincia la scuola. I bambini si avventurano in seconda: immagino di portare gli albi di Mario Ramos in classe e di farli leggere ai bambini. Immagino di avviare il percorso di Scienze e Geografia lasciando che siano i bambini a porre domande e a cercare risposte su un ambiente naturale e sugli animali che lo abitano. Immagino di riprendere il percorso di Matematica con degli albi bellissimi che facciano immergere i bambini nel mondo delle quantità e delle forme in modo divertente. Il lupo di Mario Ramos allora transiterà dai suoi albi al testo di Scienze sulla vita del bosco, a domande di Geografia e ai problemi di Matematica, perché il testo dei problemi deve essere accattivante, deve interessare, incuriosire e divertire come le storie di cui i bambini sono avidi.

http://www.babalibri.it/index.asp 
http://www.marioramos.be/index.php?c=v&lg=f



UN AMICO SPECIALE



Åsa Lind, Svezia
Illustrazioni di Alessandro Sanna.
Traduzione di Laura Cangemi.
Collana Bohem Racconta
Casa editrice BohemPress Italia
Consigliato a bambini a partire da 5 anni

Recensione di Iara Ciccarelli Dias



 Zackarina ha circa cinque anni, vive con i suoi genitori in una piccola casa in riva al mare. La mamma esce ogni giorno per andare a lavoro e rientra la sera. Il papà lavora a casa, segue la bambina, si occupa della cucina e delle faccende domestiche. La casa ha un giardino e un sentiero la separa da una spiaggia privata, dove Zackarina incontrerà un lupo con la pelliccia splendente al sole e luccicante di notte.
Zackarina è curiosa, osserva tutto quanto le gira intorno e elabora congetture sull'universo, le salsicce, i lividi, gli adulti e le loro manie. Zackarina non sta mai ferma, neanche mentre mangia riesce a farsi obbedire dalle sue gambe, che scalciano infastidendo la mamma, che forse la vorrebbe ferma come un pachiderma (L'incontro, p. 50). Ma i bambini non possono stare fermi, sono pieni di vita, il loro corpo è tutto un guizzo (p.54), le dice Lupo Sabbioso, che vive sulla spiaggia e si nutre di raggi di sole e di luna.
Quando Zackarina ha un problema, quando si sente affranta da una questione familiare, quando non riesce a sciogliere un dubbio esistenziale corre in spiaggia e lì, che sia estate o inverno, si confida con il suo amico speciale, che solo lei può vedere, che solo lei può ascoltare. È un amico saggio, che ha vissuto tante vite e conosciuto paesi e eventi lontani. È un amico poeta, che a volte si esprime in versi per confortare e aiutare la sua piccola amica.
I genitori di Zackarina sono curiosi di sapere chi sia questo Lupo Sabbioso che scrive messaggi su cortecce d'albero, ma non la infastidiscono con domande sciocche e invadenti. Quando un giorno Lupo Sabbioso invita Zackarina per un tè, la mamma suggerisce di portargli in dono un mazzo di fiori.
Il primo romanzo della serie, L'incontro, inizia con una bambina che parla al papà che fa finta di ascoltarla mentre legge il giornale. Zackarina si offende e scappa via per trovare un posto tutto suo dove rielaborare la rabbia, i pensieri e le domande sui papà che non ascoltano, sulle mamme irascibili, sui genitori che lavorano e leggono e non hanno bisogno di lei. Zackarina scappa, dunque, e corre in spiaggia dove comincia a scavare una trappola per il papà. Mentre scava la buca, sul fondo la sabbia ebbe come un fremito, scivolò di lato e poi... poi spuntò qualcosa (p.10). Un muso. Il muso di un animale che non aveva mai visto. Con una pelliccia fatta di sabbia del deserto.
La conoscenza tra il Lupo e la bambina si approfondisce giorno per giorno. La bambina con le sue domande difficili e il Lupo con le sue risposte sapienti, che sempre offrono a Zackarina le parole giuste per comunicare con gli adulti e le soluzioni per superare la paura del buio, della nebbia, del fuoco.
Il secondo romanzo, L'amico, inizia con una bambina che gioca ai pirati in giardino. Il papà la chiama dicendole di aver preparato la torta al cioccolato. Zackarina adora la torta che fa suo papà e si affretta in cucina, tenendo però in testa il cappello piratesco. Il papà le ricorda una regola decisa da lui e dalla mamma di non mangiare con il cappello in testa. Zackarina non ha più voglia di torta e corre in spiaggia dove comincia a pestare i piedi dalla rabbia. I tonfi svegliano una creatura molto speciale, Lupo Sabbioso, che emerge dalla sabbia tutto sorridente e lucente, lungo come una giornata (L'amico, p.12).
Leggendo i due romanzi (è in uscita il terzo, Il mondo) si intuisce immediatamente la natura del Lupo Sabbioso. Capiamo cosa rappresenti per Zackarina e, per effetto del coinvolgimento poetico prodotto dalla scrittura, comprendiamo l'importanza di non svelare ad alta voce chi sia la creatura splendente innamorata della luna. Rimane un segreto l'identità del Lupo Sabbioso. Un dolcissimo segreto tra il lettore e il libro.
I temi affrontati dalla scrittrice sono molteplici, a partire dalla cornice della storia: la famiglia di Zackarina.
Leggendo i capitoli, strutturati come se fossero delle giornate, che si aprono con la luce e si chiudono con il tramonto, si rimane colpiti dal modo semplice e leggero con cui Åsa descrive la quotidianità della famiglia di Zackarina. C'è una ritualità, in cui ogni bambino può rispecchiarsi. Come anche nelle richieste di Zackarina, nei suoi capricci e nelle sue rivolte. Zackarina ogni giorno scopre qualcosa di nuovo, del mondo, dei genitori, di sé, delle relazioni con gli altri. Lo scopre nel modo semplice e complicato dei bambini e, come molti bambini, si fa aiutare da un amico tutto suo cui confida segreti e dilemmi, con cui si sfoga e si arrabbia scaricando frustrazioni e rabbie scatenate dagli adulti che ragionano da grandi, dimenticando il punto di vista dei bambini.
I romanzi di Åsa Lind accolgono e restituiscono con delicatezza tematiche complesse che hanno a che fare con la fatica di crescere, che è anche un'avventura bellissima e intensa se non la si vive da soli. C'è il tema del rapporto con i genitori, mai sempre fluido e felice; quello della quotidianità con le stesse persone, che a volte si urtano e si pestano i piedi. C'è il tema dell'animale domestico, della solitudine dei figli unici; del grande quesito della nascita e della morte. C'è soprattutto il tema dell'amicizia, della fiducia nell'altro, del bisogno di rispecchiarsi in occhi uguali e diversi, come Zackarina e Karina, che scoprono di fare rima (alla fine de L'amico, Zackarina farà la conoscenza con una bambina della sua età, Karina; p.99).
Sono temi che riguardano tutti i bambini e che emergono sempre in classe, nel quotidiano fare scuola in un clima di relazioni significative con gli alunni.
Immagino una lettura in cerchio, per terra, con i bambini liberi di accoccolarsi o sdraiarsi per aderire alla “sabbia” e per stringere un immaginario Lupo Sabbioso. L'età consigliata dall'editore è dai cinque anni in su. Concordo pienamente: le storie di Zackarina sono adatte a un piccolo lettore di cinque-sei anni e a un grande lettore che ami profondamente i bambini.
Immagino di cominciare la lettura prendendo spunto da un evento osservato in giardino; da una bambina che porta un peluche a scuola; da discussioni spontanee, da domande e questioni che i bambini si scambiano tra loro e che a volte comunicano all'insegnante. Sono occasioni da non perdere per iniziare una storia, per accendere una piccola scintilla e trasformarla in fuoco.
Immagino di proporre ai bambini di inventare qualche capitolo delle storie di Zackarina, per scoprire insieme a loro come deve essere emozionante parlare con Lupo Sabbioso e risolvere con lui i nostri problemi. Immagino un bellissimo gioco, in cui Lupo Sabbioso turbina in classe e ci aiuta a risolvere le questioni e i conflitti della nostra vita insieme:
“C'era una volta un gruppo di bambini che giocavano sulla spiaggia.
Lì abitava un Lupo.
I bambini e il Lupo erano amici...” (gioco ispirato alla storia di p.108 di L'amico).

Articolo pubblicato nella rubrica Letture in CE, n°2/2013 (http://www.mce-fimem.it/editoria/coop_ed/coop_ed.html, http://www.erickson.it/Riviste/Pagine/Scheda-Rivista.aspx?ItemId=38457)

Consiglio la visita al seguente sito: http://www.bohempress.it/

UNA COMPAGNA PER MIO PAPA'

Recensione di Iara Ciccarelli Dias


Ulf Stark, Svezia
Traduzione di
Laura Cangemi
Collana Il battello a vapore,
Serie arancio
Casa editrice Piemme Junior
Consigliato a partire dai 10 anni


Sixten è un libro di Ulf Stark, scrittore e sceneggiatore svedese di libri e film per l'infanzia e l'adolescenza.
In Italia è stato pubblicato con il titolo Quando si ruppe la lavatrice da Piemme Junior, nella collana “Il battello a vapore”, con la traduzione di Laura Cangemi. Purtroppo è reperibile solo nelle biblioteche, nei mercatini dell'usato o su Internet, ma la ricerca vale la pena: si tratta di un libro sottile e gradevole per bambini e per adulti.

Quando si ruppe la lavatrice affronta il tema dell'amore di un padre per il figlio e di un figlio per il padre.
Parla dei legami familiari, delle relazioni d'amicizia, della solitudine affettiva e della ricerca della felicità. 
Il padre di Sixten, Benny, è un ex pugile che si guadagna la vita guidando gli autobus notturni. Sixten è un bambino molto autonomo e intraprendente. Non si capisce che età abbia. Ha un amico stretto, Jonte, un'amica che gli piace, Emma, e tre compagni di scuola che lo tormentano. Padre e figlio vivono insieme in una città svedese non precisata.
La mamma di Sixten vive in Danimarca con un altro uomo.
A casa le cose funzionano, il papà sta nella relazione pienamente, anche se ha sviluppato un attaccamento tale per Sixten da soffocarlo un po': Benny non ha una vita propria, tutto quello che fa è in funzione del figlio.
Sixten è preoccupato e insieme al suo amico Jonte pensa di cercare una nuova compagna per il padre, perché l'amore per una sola persona non fa stare bene.
Si ama meno intensamente se si amano più persone? Sixten ama profondamente suo padre, ma ama anche Jonte ed Emma: prova lo stesso intenso amore, per ciascuno di loro. L'amore del papà per Sixten non cambierebbe se avesse una compagna; anzi, Sixten potrebbe respirare un po'.
Jonte ne è convinto: bisogna cercare la donna giusta per Benny.
Gli argomenti trattati nel libro richiedono un'attenzione particolare da parte dell'adulto di riferimento, nonché un lavoro approfondito sulle emozioni, sull'affettività e sulle differenze di genere.
Per la complessità delle tematiche affrontate, lo consiglio per una lettura ad alta voce in quinta primaria.

Immagino un dibattito in classe centrato sulla questione dell'amore: “Ho tante amiche, amo ciascuna di un amore “diminuito” per il fatto di averne tante? L'amore per la mamma/per il papà è lo stesso amore che provo per una mia amica?
È legittimo parlare di un amore che perde d'intensità a seconda di quante persone si amano?”.
Immagino i miei ex alunni discutere intorno a tali questioni e riesco perfino ad “ascoltarne” qualcuno che risponde con sicurezza e serietà: «No, è diverso. Ogni persona la amiamo in modo differente, ma è comunque amore».
Due anni fa, in quinta, la mia classe era assorbita da problemi di gelosia e cercavamo di attraversare i conflitti interni alla classe discutendo di amicizia, di sentimenti, d'amore. E non in modo teorico: parlando, confrontandoci, anche attraverso la lettura di libri mirati, come Ma che nano ti salta in testa? e Due casi disperati di Christine Nöstlinger.
I libri, se scelti con cura e con sguardo attento ai ritmi della classe, possono aiutare i bambini a riconoscere le proprie emozioni e a rispecchiarsi in quelle dei compagni; ad affermare se stessi e le proprie idee, che si rafforzano discutendo. Quando scegliamo un libro dobbiamo avere ben chiaro quali problematiche vogliamo affrontare e quali riflessioni potrebbe sviluppare, sul piano personale e/o in una conversazione di gruppo.

Sixten e Jonte passano in rassegna una lunga serie di inserzioni di donne che cercano l'anima gemella.
Dopo un primo tentativo, Sixten individua il breve annuncio di una ragazza che si firma con il nome di Piedi Ballerini.
Jonte, fingendosi Benny, scrive una lettera bellissima in cui le racconta in modo poetico la vita da autista notturno e di suo figlio. Mentre i ragazzi pensano a Benny e alla sua felicità, la mamma di Sixten non mantiene la promessa di andare a trovare il figlio, chiama per avvertire, il papà si arrabbia e con un pugno rompe la televisione. Per il giorno in cui Sixten avrebbe dovuto incontrare la madre, Benny organizza una gita in montagna per andare a vedere le mucche, che entrambi adorano, per via dei loro occhi profondi. Parlano, si abbracciano e insieme si rotolano sul prato, finché il papà rotola su una cacca di mucca. La macchia scura sulla camicia bianca non va via: Sixten convince il papà a far aggiustare la lavatrice, rotta ormai da troppo tempo.
Arriva la sera in cui dovrebbe arrivare a sorpresa Piedi Ballerini. Sixten con Jonte ed Emma hanno pulito la casa e preparato la cena. Squilla il campanello. Convinto che sia il tecnico della lavatrice, Benny si precipita alla porta. Colpo di scena: davanti a lui c'è una donna in jeans e camicetta chiara. Ha dei grandi occhi scuri, simpatici e profondi come quelli di una mucca e in mano tiene una valigia.

Di più non posso svelare, il libro è pieno di sorprese, di dialoghi divertenti e molto intensi.
Moni Nilsson, autrice di Tsatsiki e Ma', e Ulf Stark sono svedesi. Entrambi affrontano tematiche complesse in modo delicato ed intelligente. Entrambi parlano di rapporti familiari in modo non convenzionale.
In Tsatsiki e Ma' emerge la particolarità delle relazioni tra il bambino e la mamma e tra Tsatsiki e Göran, una figura maschile molto positiva.
In Quando si ruppe la lavatrice spiazza il legame tra Benny e Sixten.
La storia è raccontata dal punto di vista di un uomo, non c'è una figura femminile forte che aiuta a sciogliere il “dramma”.
Il libro è da segnalare anche per questo aspetto: è una storia al maschile, senza luoghi comuni, senza caratterizzazioni di ruoli tradizionali, senza prove di forza. Il padre di Jonte stira e svolge tutte le faccende domestiche, Benny si accerta che Sixten abbia cenato chiamandolo da una cabina lungo il percorso dell'autobus. 
I protagonisti si confrontano, parlano, dialogano, si coccolano.
Leggendolo, si rimane colpiti da una sensibilità particolare, per niente ovvia, diremmo “femminile”.
Lo spiazzamento che provoca il libro è un ulteriore motivo per leggerlo in classe, per discutere insieme ai bambini della solitudine, dei legami affettivi, dei ruoli codificati, delle caratteristiche dei maschi e delle femmine.
Moni Nilsson e Ulf Stark, ciascuno dal proprio punto di vista, invitano a rompere schemi conosciuti e a guardare altrove,
ad aprirsi ad altri modelli culturali, a mettere in discussione il già noto e soprattutto i pregiudizi di genere.
I libri, se funzionano davvero come ponte tra il mondo dell'adulto e quello del bambino, dovrebbero saper introdurre tematiche complesse con naturalezza e semplicità e saper suggerire agli adulti modi originali per affrontare argomenti di cui i bambini sono curiosi. Attraverso la lettura di Quando si ruppe la lavatrice, per esempio, si potrebbero far declinare ai bambini stessi i significati di termini ed espressioni che la televisione propina in modo passivo. Immagino una attività di scrittura creativa in cui l'insegnante chiede ai ragazzi, divisi in gruppo, di trovare quanti più significati possibili per ognuno di questi termini e/o espressioni: fidanzato, stare insieme, innamorarsi, amare, coppia, famiglia, compagna, moglie, marito, anima gemella, annunci di singles, primo appuntamento, incontro al buio...
In che modo la nostra cultura ha modellato le rappresentazioni e le concettualizzazioni dei nostri bambini? In che modo si possono aprire davvero i loro orizzonti culturali?

Articolo pubblicato nella rubrica Letture in CE, n° 1/2013 (http://www.mce-fimem.it/editoria/coop_ed/coop_ed.html, http://www.erickson.it/Riviste/Pagine/Scheda-Rivista.aspx?ItemId=38457)

Per i libri di Ulf Stark:  http://www.ibs.it/libri/stark+ulf/libri+di+ulf+stark.html

MIA MAMMA SUONA IL BASSO

Recensione di Iara Ciccarelli Dias


Moni Nillson, Svezia
Traduzione di Laura Cangemi
Illustrazioni di Alessandro Sanna
Collana Bohem racconta
Casa editrice Bohem Press Italia
Consigliato a bambini a partire dagli 8 anni




Scoperto in biblioteca, letto in un fiato e poi riletto, ancora e ancora, Tsatsiki e Ma' è pubblicato dalla Bohem Press Italia, casa editrice di alto livello specializzata in albi e libri per l'infanzia, come anche la casa madre svizzera, la Bohem Press di Zurigo.
Tsatsiki e Ma' (come anche il seguito Tsatsiki e Pa') ci parla della natura della genitorialità; della libera scelta di vivere come si vuole e come si è; di relazioni adulto – bambino dense di significato. Ci racconta di un bambino di sette anni e del modo in cui osserva il mondo; di una giovane madre anticonformista e della sua filosofia di vita, del suo grande amore per Tsatsiki, mai ossessivo, mai morboso. Ci narra della nascita di Tsatsiki; del rapporto bellissimo che si sviluppa tra il bambino e Göran, il ragazzo che ha affittato una stanza nella casa di Ma'. Il libro apre inoltre una parentesi interessante sul problema del bullismo a scuola, trattandolo con fine ironia e anche con amaro sarcasmo.
In seguito a un ripetuto episodio di bullismo perpetrato contro un ragazzo fragile e incapace di difendersi, Tsatsiki reagisce con violenza contro il provocatore, un ragazzo molto più grande di lui. Scoppia una rissa e le conseguenze sono dipinte di nero verde blu e giallo sul volto di Tsatsiki. Ma' si precipita dal direttore, che nega ostinatamente l'esistenza del bullismo nella sua scuola. Ma' è sicura di sé, è determinata quando sa di essere nel giusto; non teme l'autorità e si fa beffe di questo “direttorucolo” che non sa assumersi le proprie responsabilità. Reagisce con dignità e fierezza contro la meschinità e la piccolezza di chi ha un ruolo preciso e non sa esercitarlo se non godendo dei provilegi superficiali della gerarchia.
Ma' è convinta che si diventa forti grazie all'amore e, fedele a questa filosofia, affronta da sola il bullo della scuola, Martin Verme: stipula un patto con lui, gli insegnerà a suonare la chitarra una volta alla settimana a casa sua.


Non si può non pensare a Torey Hayden e al suo stile di insegnamento nelle classi speciali. Molto critica rispetto all'uso dei farmaci per trattare e gestire i bambini con problemi di comportamento, Torey sostiene che la chiave del problema risiede nel modo di relazionarsi con i bambini. Il suo è un approccio sostanzialmente relazionale e cooperativo, centrato sulla cura e sull'attenzione ai bisogni di quei bambini che non ricevono amore e rispetto da ambienti deprivati e da adulti disfunzionali.
Su una scia analoga agisce Ma', quando invita Martin Verme a casa e stabilisce con lui un rapporto di fiducia e di dialogo centrato sull'assunzione di un impegno semplice e piacevole.
Ma' è la protagonista della storia ed è dipinta come una mamma speciale, unica. Forse un po' fuori dalle righe, non può che destare simpatia per i suoi modi diretti e umani. Non c'è artificio in lei, è se stessa, è come vuole essere. Emerge una donna integra, pura, una personalità interessante, sfaccettata e reale. Ma' ha le sue idee, le sue convinzioni ma non è una donna rigida, chiusa: non le impone al figlio. Sa mediare ed ascoltare. È una donna indipendente ma sa chiedere aiuto e sa appoggiarsi agli altri. La sua vita è una rete di rapporti molteplici. Stringe legami, scioglie relazioni ma rimane centrata sul figlio e sui propri progetti.
Tsatsiki è un bambino autonomo, molto consapevole di sé e dell'amore della mamma. Cresce in un ambiente particolare, non convenzionale. Non conosce il suo papà. Per ora non gli manca. C'è la mamma e l'amicizia intensa con Göran. Ci sono i nonni e gli amici. Non è che si accontenti: trae forza e nutrimento dall'affetto di tutte queste figure con cui ha rapporti positivi. Quando comincerà ad interessarsi veramente al papà, saprà chiedere aiuto a tutti, potrà parlarne liberamente con gli amici, con Göran e con la mamma.


Tsatsiki, a detta di Ma', è un figlio dell'amore. È nato da una relazione frizzante e breve tra Ma' e Yanis, pescatore di polipi in un'isola greca.
Quando Ma' si accorge di essere incinta, decide di non condividere la propria vita e la genitorialità con il papà di Tsatsiki, che crescerà da sola, a modo suo. Mà svolge vari lavori ma la sua vera passione è suonare il basso e cantare nel suo gruppo, che la occupa quando non lavora: sogna di diventare una rockstar. Per arrotondare lo stipendio, Ma' affitta una stanza. Al momento della nostra storia, il coinquilino è Göran, un giovane militare che, oltre a pagare l'affitto, partecipa con entusiasmo alla vita della “famiglia”, cucinando, accompagnando Tsastsiki a scuola e collaborando alla risoluzione delle faccende spinose. Göran e Tsatsiki con il tempo stabiliscono un legame molto forte, diventano amici. Giocano, discutono di questioni serie, si confrontano, si ascoltano e bisticciano. La relazione è solida, fiduciosa. La mamma crede che questo rapporto possa bastare al figlio. Ma Göran non è un papà, è un amico e a Tsatsiki manca il suo papà: esiste davvero il papà pescatore di polipi o se lo è inventato la mamma? E Ma', cosa vuole lei? Leggendo la storia scopriamo i sentimenti di Tsatsiki e i pensieri di Ma'. Come reagirà la mamma alla richiesta di Tsatsiki di conoscere il padre?


In una classe abituata al confronto di idee e opinioni, abituata a leggere e ad ascoltare storie diverse, possono emergere domande e discussioni sui rapporti familiari, sulle relazioni tra uomo e donna. L'insegnante, se sceglie i libri per ragioni precise, dettate dagli umori della classe e/o da circostanze particolari, può sollecitare il dibattito con domande mirate affinché vengano fuori pensieri inespressi. Mi accorgo che il modello più diffuso che i bambini hanno in mente quando giocano, quando parlano, quando inventano storie, è quello veicolato da una certa tradizione culturale che ha tramandato l'idea dell'amore romantico e dell'amore sofferto che poi si risolve in un congiungimento fatto di “amorosi sensi” e di convenzioni sociali. Il modello di riferimento è quello familiare: alla fine i protagonisti, dopo aver affrontato avventure e peripezie rocambolesche, si sposano. Libri come Tsatsiki e Ma' e Tsatsiki e Pa' spiazzano perché rimandano ad altri modelli, testimoniano e suggeriscono altre possibilità di rapporti e relazioni familiari e di coppia. In Tsatsiki e Ma', la mamma è una donna determinata, per nulla vittima di convenzioni e modelli culturali tradizionali. Non è sola, ha tessuto relazioni diverse, amicali e significative. Soprattutto, ha assunto con coscienza e dignità la scelta di crescere da sola il figlio e senza sfumature di rabbia, di colpa o di vergogna ha raccontato al bambino come è stato concepito.
I libri che scegliamo di leggere dovrebbero fornire ai bambini e alle bambine altri modelli culturali; dovrebbero aiutare a rompere il muro di diffidenza e incredulità che si alza, per esempio, quando si accenna al benessere di vivere da soli. I libri dovrebbero aiutare ad allargare gli orizzonti di pensiero: esistono tante realtà e farle conoscere attraverso i romanzi può sollecitare la fantasia e l'immaginazione critica.

Alla fine della storia, Ma' decide di far incontrare Tsatsiki con Yanis, il papà pescatore di polipi, il quale ignora ancora di avere un figlio. Il libro si conclude con Tsatsiki e Ma' che sono sull'aereo, diretti in Grecia, emozionati entrambi, nervosi e preoccupati per l'imminente incontro:  
- Ma', disse (Tsasiki) con una vocina sottile sottile, promettimi una cosa. (…) Promettimi che non dirai al mio papà che sono suo figlio, prima che te lo dica io. Perché se non mi piace e non lo voglio come papà, è meglio che non sappia niente...-
-Te lo prometto, te lo prometto sul mio onore-.


Articolo pubblicato nella rubrica Letture in CE, n° 4/2012  (http://www.mce-fimem.it/editoria/coop_ed/coop_ed.html, http://www.erickson.it/Riviste/Pagine/Scheda-Rivista.aspx?ItemId=38457)

Consiglio la visita al seguente sito: http://www.bohempress.it/