Anne Fine
Come scrivere da cani
(How to write really badly)
BURragazzi, 2000
Illustrazioni di Philippe Dupasquier
Postfazione di Antonio Faeti
Consigliato a partire dai dieci anni
Recensione di Iara Ciccarelli Dias
Diamo
la parola alla scrittrice del libro scelto per questo numero, Anne
Fine:
La
maggior parte dei miei libri, anche quelli per bambini piccoli,
tratta di problemi sociali piuttosto seri. Io sono stata sempre
affascinata da come gli individui se la cavano in situazioni
familiari conflittuali e sono convinta che le vicende personali
abbiano risvolti sociali e politici. Ma la gente non ama i libri
problematici e io stessa preferisco trovare nelle vicende aspetti
divertenti e soluzioni positive. E poiché, in realtà, creo storie
per il lettore che è in me, finisco sempre per scrivere romanzi che
avrei voluto leggere io, se solo qualcuno si fosse preso la briga di
scriverli1.
Anne
si concentra non solo sulle situazioni familiari complicate.
I
suoi temi preferiti sono le tensioni che emergono nel difficile
rapporto tra bambini/adolescenti e adulti. Accade sempre qualcosa
quando un bambino o un adolescente si confronta col mondo dei grandi:
scintille di incomprensione, difficoltà o vuoti di comunicazione,
tentativi di affermazione maldestri, temerari, bruschi, spavaldi2.
Non sempre c'è un adulto capace di andare oltre, di scavare e far
emergere quello che si cela dietro alcuni atteggiamenti che
potrebbero apparire problematici, cinici, aggressivi, ostili.
Anne Fine |
I
romanzi di Anne Fine non si dimenticano facilmente: restano dentro,
impressi nella memoria e nella coscienza. Non solo per i temi
trattati. La sua è una scrittura densa, spessa, impegnata, ma fluida
e scorrevole.
Scorre
veloce la lettura di Come scrivere da cani.
È necessario però non
affrettarsi, non essere precipitosi: il libro cattura ma ha bisogno
di essere “posseduto” con la giusta lentezza. Consiglio
di soffermarsi sui dialoghi, di prestare attenzione alle parole che
si scambiano i protagonisti: due ragazzi e un'insegnante. L'età dei
giovani protagonisti non è definita in modo esplicito, si evince dal
contesto. Sembrerebbe trattarsi di due studenti di 9-10 anni. Si
chiamano Joe e Chester: un uccellino e un rapace; un bambino spaurito
smarrito insicuro ingenuo e un ragazzo estroverso navigato brillante
sfrontato brutale cinico presuntuoso.
Chester
ha cambiato scuola più volte, passando da una città all'altra e da
un istituto all'altro. Nonostante i continui trasferimenti, se la
cava piuttosto bene a scuola, è arguto, ha un notevole amor proprio.
Ma non lega con gli altri. Mantiene sempre una distanza un po'
sprezzante. La famiglia si sposta per seguire il lavoro della mamma,
donna in carriera. Il papà fa il casalingo, trascorre gran parte del
suo tempo in cucina, dove Chester la sera fa i compiti chiacchierando
col padre.
Illustrazione di Philippe Dupasquier |
Il
libro comincia così: la scrittrice ci presenta i personaggi
facendoci entrare nel vivo della storia. Ma a raccontare è Chester,
appena arrivato nella nuova scuola. Suo è lo sguardo, suo il
linguaggio. Probabilmente stiamo leggendo un diario o delle memorie.
Non lo sappiamo, non è rilevante. Ci interessano gli eventi, le
tensioni che si vengono a creare, le soluzioni adottate, il finale
inatteso e spiazzante per il narratore stesso. Iniziamo a leggere e
intanto varchiamo la soglia di un'aula, dove sembra regnare l'armonia
e il piacere di fare. Immediatamente facciamo la conoscenza della
maestra, Miss Tate, intenta a illustrare ai suoi allievi un lavoro da
svolgere in vista di una mostra scolastica. Chester va a sedersi in
fondo all'aula, al posto che la maestra gli assegna, accanto al banco
di Joe.
Joe
ha evidenti difficoltà di apprendimento. Non ha il senso del tempo,
non sa scrivere in modo ortograficamente corretto parole e numeri. Ha
difficoltà a leggere e sillaba ogni singola parola. Non riesce a
scrivere in colonna i numeri per eseguire una addizione o una
moltiplicazione. Inverte la posizione delle cifre. Non arriva a
comprendere le frazioni, eppure la maestra gliele spiega più volte.
Non riesce a calcolare quanto fa sette per otto e poi otto per sette.
Joe finge di aver capito per rassicurare l'insegnante e la maestra
finge di credere che davvero lui abbia capito.
Miss
Tate sembra entusiasta del proprio lavoro, è appassionata a suo
modo. Sa che Joe ha delle difficoltà e vuole aiutarlo. Però non
comprende fino in fondo che il suo accanimento è una tortura per
Joe. Chester non si fa scrupoli di rinfacciare alla maestra
l'inefficacia e l'inutilità dei suoi sforzi:
(…)
Un giorno le chiesi:
«Perché
lo tortura così?»
Miss
Tate inorridì, si sentì accusata. «Torturarlo? Che cosa vuoi dire?
Stavo solo chiedendo a Joe se ha capito».
«Ma
Joe non sa se capisce».
«Forse
a un certo punto lo saprà. Ad alcune persone capita.» E mi voltò
la schiena. 4
(…)
Ce l'aveva con me, si
capiva. Ma anch'io ce l'avevo con lei. Come poteva continuare,
settimana dopo settimana, a comportarsi come se, in fondo in fondo
(…) il cervello di Joe fosse uguale al mio o al suo? Perché non si
rendeva conto che i suoi ingranaggi non funzionavano come i nostri?5
Miss
Tate non se ne rendeva conto perché aveva un approccio pietistico
nei confronti di Joe. E Joe non si scuoteva, non reagiva fino a
quando il nuovo venuto cominciò ad interessarsi a lui nel modo
scontroso, brusco e cinico che lo contraddistingue. Chester si occupa
di Joe adottando con lui, con estrema e brutale naturalezza, una
“terapia d'urto”: gli parla senza mezzi termini, gli dice in
faccia che è una frana ma non lo deride, non lo insulta, non gli
volta le spalle. Non è pietoso. Non lo commisera.
Giorno
dopo giorno, il “rapace” aiuta Joe sostenendolo nei compiti,
insegnandogli dei trucchetti per cercare le parole sul dizionario,
per memorizzare le parole difficili e scriverle in modo corretto.
Quando Miss Tate assegna a ogni alunno il compito di redigere un
manuale su un argomento a piacere, Joe non sa quale argomento
scegliere. Non si sente bravo in niente, sa che combinerà dei
pasticci. Chester gli propone di scrivere un manuale su una abilità
che solo lui ha: “come scrivere da cani”. Joe accoglie la sfida.
Lo scopo è spingere Joe a impegnarsi con un atteggiamento non
distruttivo, non da perdente. Chester sa però che quel manuale non
vincerà alcun premio alla mostra di fine anno. Non ci sono premi per
chi non sa scrivere, non sa leggere, non capisce la matematica e non
si
presenta secondo quanto la scuola prescrive.
Joe
aveva mostrato all'amico delle foto delle sue creazioni, decine di
costruzioni geniali realizzate con ogni tipo di materiale. Chester ne
era rimasto colpito: come può un ragazzo tanto inconcludente essere
così creativo e abile manualmente? Il vero talento del goffo e
insicuro compagno doveva essere messo in risalto. Il brutale e
presuntuoso ragazzo decide quindi di compiere un piccolo atto
criminoso e cambia la lista dei premi. Cancella la voce “migliore
lavoro di aritmetica” e la sostituisce con “migliore costruzione
fatta in casa”.
Chester,
con l'aiuto di un operaio della ditta della madre, carica su un
furgone tutte le invenzioni di Joe e le porta a scuola. I compagni di
classe restano affascinati, stregati.
Al momento della consegna dei
premi Joe riceve dalla maestra una medaglia. Miss Tate in questa
occasione
Illustrazione di Philippe Dupasquier |
sembra capire davvero il suo alunno:
Sapevo
che avevi dei talenti nascosti. Ora so quali sono, e verrò da te
ogni volta che avrò bisogno di modellini per la matematica6.
C'è
un'altra medaglia da consegnare. Un premio extra, deciso dagli
alunni. È la volta di Chester, “il ragazzo più disponibile della
classe”. Tutti i compagni hanno votato per lui perché Joe ha
raccontato a gran voce come è stato aiutato. Il brusco, arrogante
Chester è colpito, sorpreso, spiazzato. È contento. Quel premio
inatteso gli ha permesso di svelarsi a se stesso. È un
riconoscimento che sgretola il muro di indifferenza e cinismo che si
è costruito per difendersi dagli altri. Finora ha giocato la parte
del duro, dell'autarchico, dell'inaffidabile. Forse ora deve davvero
meritarselo, quel premio e cominciare ad essere veramente un compagno
disponibile e gentile.
Leggendo
il libro la mente scorre i volti dei miei alunni, quelli attuali e
quelli che ho lasciato. Penso ad Alessio, a Federico, a Marina, a
tutti quei bambini che scrivono in modo quasi illegibile, che
svolgono gli esercizi come se stessero facendo un piacere
all'insegnante; a quelli che hanno difficoltà a ricordare le
tabelline, che scrivono “da cani”. Come agire con loro? Che
approccio adottare? Da tre anni “lotto” con un bambino che a
giorni alterni mi regala fiori e spade. Andare d'accordo con F. è
difficilissimo, si è sempre sulla cresta dell'onda, sempre in
bilico. Ciò che ci sta aiutando, da un anno in qua, è la geometria.
È la carta. Quando si innervosisce sa che può prendere un foglio di
carta e farne ciò che vuole. Allora mi porta ogni tipo di
invenzione, scatole, girandole, barche, biglietti. A ricreazione si
avvicina con un sorriso malandrino e mi chiede di aiutarlo a
costruire qualcosa. I compagni hanno riconosciuto la sua abilità, si
rivolgono a lui per avere un aiuto in geometria. Ho alzato la posta
in gioco con questa disciplina. Mi invento disegni e lavori sempre
più complicati e F. sta lì. Ricettivo, attentissimo e pronto a
risolvere le difficoltà dei compagni. Anche il suo quaderno sta
cambiando aspetto. Piano piano sta diventando più curato.
Il
romanzo di Anne Fine ha risuonato in modo potente dentro di me,
nutrendo delle riflessioni che coltivo da tempo: in cosa consiste
veramente il nostro lavoro di insegnanti? Qual è il giusto approccio
di fronte a bambini come Joe? Fino a che punto possiamo spingerci nel
nostro accanimento didattico? In quale misura possiamo intervenire in
modo efficace senza torturare i bambini, senza fargli vivere la
scuola come una prigione, come un luogo cui fuggire per cominciare a
fare, fuori, cose davvero interessanti?
Recensione pubblicata nella rubrica Letture della rivista CE del MCE, n° 1/2015
1http://www.annefine.co.uk/
Anne Fine è una delle più affermate scrittrici inglesi per
ragazzi e per adulti.
2Anne
Fine, Non c'è campo, Salani
3Anne
Fine, Un padre a ore (MRS Doubtfire), Salani
4Anne Fine, Come scrivere da cani, BuRagazzi. p. 56
5Ibidem,
p.59
6Ibidem,
p. 96